Michela Murgia, donna vitale e amante
Michela Murgia: una morte e dieci vite
Michela Murgia è morta. Aveva 51 anni e 10 vite vissute intensamente.
Di lei si è detto e si dirà molto. La sua figura di donna libera e liberante accompagnerà a lungo la riflessione e l’immaginario di questo nostro tempo ancora così contraddittorio sul tema della parità di genere e della libertà di espressione. Io voglio ricordarla come una donna che ha saputo declinare nella propria vita le direttrici della vitalità e dell’amore, caratterizzanti l’Essere-in-sé che chiamiamo Dio.
La vitalità in Michela Murgia
Michela Murgia ha espresso la vitalità esplorando tutte le potenzialità del suo esserci. Si è sperimentata in lavori differenti, dalla cattedra di religione alla postazione di un call center. E, in ogni situazione della sua vita, ha lottato per raccontare un femminile liberato e riscattato dal giogo oppressivo, e tanto spesso invisibile, di un patriarcato profondamente introiettato nei tessuti relazionali e sociali del nostro contesto culturale. In questo modo ha fatto politica, nel senso più vero del termine, ossia come proposta che umanizzi il vivere umano.
Nei suoi libri ha dato voce a donne libere e capaci di portare liberazione intorno a sé, per altre donne e tanti uomini. I social hanno amplificato la sua voce, che ha così potuto raggiungere le persone più diverse, scuotendole dal torpore, a volte in maniera graffiante e finanche in modi ritenuti irriverenti, secondo una modalità che tutte le voci profetiche hanno incarnato.
L’amore in Michela Murgia
Michela Murgia ha vissuto l’amore nelle tante relazioni profonde e autentiche che ha intrecciato lungo la sua vita. Queste relazioni hanno trovato una forma plastica di narrazione attraverso la famiglia queer che ha scelto di costruire. Quello queer – letteralmente “strano” – è un modello relazionale circolare e paritario, alternativo al modello piramidale e androcentrico del patriarcato.
In questo modo la sua idea di femminismo, come motore propulsore di libertà e parità, si è declinata in un’esperienza visibile, ben lontana dalla promiscuità sessuale che i più superficiali hanno voluto leggere.
Non solo i suoi libri, ma la sua stessa vita, fin nelle pieghe più dolenti, è diventata spazio di riflessione su cosa significhi vivere e su cosa significhi morire. Superando il vocabolario bellico della battaglia e della sconfitta, Michela Murgia ha parlato della malattia come di un’esperienza della vita e ha restituito dignità alla fragilità e alla sofferenza umane, e finanche alla morte.
La vita e la morte in Michela Murgia
Michela Murgia ha saputo vivere e soprattutto ha saputo morire. Ha restituito la morte al codice della pienezza e del compimento, dando carne all’espressione biblica “morì sazio di giorni”, dove la sazietà non è nel numero dei giorni, ma nella loro intensità.
Michela Murgia ci lascia in eredità la sua voglia di vivere, la sua capacità di amare, la sua libertà davanti alla morte. Ci lascia un racconto laico, e profondamente spirituale, del Dio che si fa percepire in tutto ciò che si esprime autenticamente nella vitalità e nell’amore.