Racconto del Natale. Quarta domenica di Avvento
Dopo la prima domenica di Avvento, dedicata all’attesa, e la seconda incentrata sulla speranza, siamo passati alla terza nella quale abbiamo riscoperto l’arte della potatura che fa fiorire. Eccoci ora alla quarta domenica di Avvento che quest’anno coincide con la vigilia di Natale. L’attenzione della liturgia di questa giornata è sulla potenza del racconto.
Il racconto di una promessa
La prima lettura (2Sam 7,1-5.8-12.14.16) ci consegna un racconto di speranza. Dio, attraverso il profeta Natan, assicura a Davide la propria presenza lungo la storia della sua famiglia e quindi dell’intero popolo:
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno.
Questa presenza costante e accudente da parte di Dio non si manifesterà prodigiosamente con interventi celesti. Sarà invece affidata alla mediazione di un re che, come pastore attento al suo gregge, si prenderà cura delle persone a lui affidate per accompagnarle all’incontro con Dio.
Un racconto di presenza
La promessa custodita in quel racconto di vicinanza sembrava essere stata tradita nel tempo: molti eventi drammatici avevano segnato la vita del popolo d’Israele, passando anche per un doloroso esilio in terra lontana che aveva messo in discussione ogni certezza. Dio può essere percepito vicino anche nel dolore? Il popolo aveva risposto affermativamente riscoprendo la propria responsabilità nel costruire il proprio rapporto con Dio e declinarlo nella propria storia.
È il vangelo (Lc 1,26-38) che prosegue quel racconto di speranza e certezza: Dio continua ad essere presente nella storia umana attraverso le scelte concrete di persone che nel proprio quotidiano accettano di fargli spazio e di renderlo evidente.
È una sconosciuta giovane di provincia a raccogliere la sfida di raccontare Dio per renderlo presente:
Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo.
Il suo giovane sposo sarà complice di quel racconto di speranza che si fa storia e diventa presenza. E sarà il loro figlio a divenire il narratore più intenso del volto del Dio vitale e amante, il Dio tanto vicino da esserci intimo più di noi stessi, il Dio che si lascia raccontare dalle nostre storie imperfette, dai nostri tentativi, dalla nostra sede di pienezza.
Un racconto che continua
È l’apostolo Paolo, attraverso le parole della seconda lettura, tratte dalla lettera alla comunità di Roma (Rm 16,25-27), a confermarci il racconto compiuto del volto di Dio:
La rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio.
Riceviamo così la proposta di proseguire questa narrazione, fino a diventare anche noi racconto di un’umanità riconciliata con se stessa, con il creato e con Dio. Racconto di una pienezza che ci affascina e ci attrae a sé.
Il nostro racconto
Il rito domestico che consegno alle vostre esperienze credenti è un racconto. Durante la nostra cena della vigilia o il nostro pranzo di Natale, possiamo raccontarci i ricordi più belli dei nostri Natali. Potrà essere per noi l’occasione di ricordare aneddoti, emozioni, piatti caratteristici e forse anche persone care che non sono più tra noi. È attraverso quel racconto che continuiamo a testimoniare una fede che si fa carne, che si fa storia che si fa incontro.
Forse i più piccoli non avranno tanti racconti da fare e i più giovani non avranno troppa voglia di condividere i propri, ma potranno rivivere l’emozione dell’ascolto di un racconto di fede che si trasmette di generazione in generazione e che, lungo i secoli, ci ha raggiunto per portarci la buona notizia del Dio vicino.
Buon Natale del Signore Gesù, l’uomo che narrò Dio!