Un viaggio nella speranza
Dopo la prima domenica, eccoci al nuovo appuntamento con la Liturgia della Parola di Avvento.
In questa seconda domenica di Avvento le letture ci accompagnano in un viaggio nelle nostre vite, attraverso la porta della speranza. La speranza è una virtù, nel senso che è una forza alla quale attingere per affrontare il cammino della vita con grinta e determinazione.
La speranza della profezia
Nella prima lettura (Is 40,1-5.9-11), il profeta Isaia dà voce alla speranza realizzata: il popolo torna da un doloroso e lungo esilio che lo ha sfibrato. In quel tempo di lontananza dalla propria terra natia, privato del Tempio e provato dalla convivenza in terra straniera, il popolo ha fatto i conti con il trauma della fine. E in quel dramma ha scelto di ricompattarsi e ricostruirsi, intorno al rapporto con Dio. Ora, il profeta canta la fine della deportazione e il ritorno nella propria terra.
Il testo si offre a noi come memoria dei tempi dolenti che hanno segnato le nostre storie personali e come celebrazione delle opportunità che pur in quel tempo ci sono state offerte. Il tempo del dolore può diventare un tempo di maturazione, se lo si vive come opportunità per riscoprirsi abitati dall’energia di Dio e le si lascia spazio per reagire con creatività. E ripartire.
La speranza di un’esperienza totalizzante
La speranza di una ripartenza trova la sua radice nel testo del vangelo (Mc 1,1-8) che, nell’architettura della liturgia della Parola, risponde alla prima lettura. Qui leggiamo, nell’inizio del racconto di Marco, le parole del Battista che dichiara solennemente che non lui ma un altro battezzerà in Spirito santo.
Il battesimo, lo sappiamo, è un’immersione. Dunque Giovanni sta attestando che Gesù è l’uomo che ci immergerà nell’esperienza dello Spirito, ossia nell’esperienza di Dio. Si tratta di un’esperienza liberante perché fondata sulla consapevolezza di possedere già l’energia di Dio e di potervi attingere.
La speranza di terre nuove
La seconda lettura (2Pt 3,8-14) declina il tema di questa domenica verso l’attualizzazione: l’orizzonte che Dio ci offre non è il dolore, ma la terra in cui abita la giustizia, terra che sarà donata ma solo attraverso il nostro impegno concreto, unico capace di realizzare nella storia la speranza di felicità che Dio vuole condividere con noi.
A dispetto di immagini demoniache di un Dio che ci vorrebbe sempre sofferenti e penitenti, in una sorta di idolatria del dolore, la liturgia ci consegna il volto di un Dio che sogna la pienezza di vita per noi e si offre come partner di speranze realizzate.
Un rito che celebra la speranza
Per celebrare questa liberazione, possiamo recuperare il simbolo dell’acqua. Non ce ne aspergeremo, ma potremo preparare una tisana che, aromatizzando l’acqua, ci faccia fare memoria della vita nella sua intensità. Potremo sorseggiarla in solitudine o condividerla con chi ci sta accanto, magari parlando di un piccolo progetto condiviso, per non dimenticare che l’energia vitale e amante, che il battesimo ci conferma di avere, ci orienta sempre verso mete di speranze realizzate. Per scegliere la tisana della fede più adatta a te, ti rimando al mio libro L’umanità di Gesù, trasparenza del divino.
Buon cammino nella speranza!
1 Commento
Grazie Annamaria. Poco fa, una persona nello spazio “Aggiornamenti” di WhatsApp, ha condiviso una bella immagine con acqua che scorre attraverso una piccola chiusa e una serie di pale come un mulinello…non so se mi sono spiegata bene… Quell’acqua che scorre sempre nuova mi sembra vicina alla speranza di cui parli oggi…sempre nuova, fresca, trasparente in divenire costante… possa l’animo umano fare memoria di momenti simili seppur diversi dove l’acqua, nella sua molteplice varietà, richiama sorgente di Vita, benedizione quotidiana da accogliere e ringraziare.