Prima di entrare nel cuore dell’argomento, premettiamo che il cavallo napoletano già tra il 1500 e il 1600 faceva parte delle cinque razze riconosciute come le più importanti dell’epoca, che erano allevate per la guerra, per la giostra e per le parate. Le altre quattro erano: andaluso (cavallo spagnolo), berbero, turco, siciliano. In Europa, però, il più famoso e il più pregiato era il Napoletano ambito da nobili e monarchi. Altrettanto famosi erano i cavallerizzi napoletani richiesti in tutte le corti europee per dispensare i loro insegnamenti.
Il dipinto, eseguito da un ignoto pittore di fine Cinquecento-inizi Seicento, è oggi custodito a Carditello, coperto da un panno in attesa del ministro Franceschini in presenza del quale sarà scoperto (eh già!). Di proprietà della Reggia di Caserta, il quadro verrà poi sistemato altrove o forse rimarrà nell’ala restaurata di Carditello. Venduto da una famiglia napoletana che ne era in possesso, l’opera d’arte ha viaggiato qua e là prima di approdare in un’asta di Londra, dove qualcuno avendone riconosciuto il valore, ha allertato le autorità che lo hanno requisito (acquisito?) e portato a Roma.
Qui però uno pseudo-specialista stava per dichiararlo cavallo andaluso. Mandati sul posto da Giuseppe Maresca (colui che ha ricostituito la razza considerata estinta), i veri esperti hanno potuto dimostrare, documenti alla mano, che si trattava innegabilmente di un Napoletano. D’altronde a Londra lo avrebbero venduto come tale, usando come pietra di paragone l’incisione del van Diepenbeeck che raffigurò il cavallo napoletano Nobilissimo di William Cavendish, duca di Newcastle, per il Trattato di equitazione redatto dallo stesso Newcastle. Dal paesaggio rappresentato e dal marchio che inciso sulla coscia del cavallo, secondo lo studio della dott.ssa Patrizia Lucci, si tratterebbe di un esemplare allevato in Molise nei possedimenti della Casa dell’Annunziata, uno dei noti complessi ospedalieri e caritativi disseminati in quasi tutto il Sud.
Il cavallo il buon cavallo fa molto istimare un gentil’huomo, che cavalchi bene, et, che abbia buon cavallo; mostrando, che habbia ancora buon giudizio in saperlo eleggere, et mantenere cosi buono, et spender honoratamente le sue facultà in cosa utile, et necessaria, et assai honorevole.
(Carlo Corte, cavallerizzo alla corte di Carlo IX di Francia, Elisabetta I d’Inghilterra e di Alessandro Frarnese.)