Una credenza popolare napoletana quasi mai evocata: le foglie miracolose dell’alloro di Virgilio, che si spedivano anche in America. Focus sulle origini del mito virgiliano che perdurò fino al Medioevo e oltre.
Sulla tomba (vera o presunta) di Virgilio, – che fin dall’indomani della sua morte fu subito meta di culto e di pellegrinaggi -, spuntò e crebbe un alloro le cui foglie, si diceva, guarivano ogni male. Fino agli albori del Novecento, la credenza nei poteri taumaturgici delle foglie di quell’albero rimase radicata nella tradizione popolare, tant’è che le famiglie degli emigranti venivano a raccoglierle per mandarle ai loro cari lontani. Solo che cogli oggi cogli domani, l’albero rimasto completamente spoglio, finì col morire e lo si vede solo su qualche stampa antica.
Perché l’alloro?
L’alloro è stato da tempo immemorabile un albero sacro, sacro al dio Apollo che lo lambisce con i raggi del suo carro solare affinché non perda le foglie, foglie dalle virtù psicotrope che masticavano le Sibille prima di vaticinare. Sacro perché non ha frutti ed perciò vergine, vergine come le Sibille; sacro anche alla Dea Madre fecondatrice; che trasforma in alloro la ninfa vergine Dafne per strapparla alle brame di Apollo; sacro al mondo dell’aldilà perché affonda le radici nella terra. Ecco quindi che l’alloro incarna la perennità, la verginità, la fecondità, il mondo ctonio e l’oracolo… E Virgilio, lo vedremo, fu considerato puro come una vergine, esperto nell’arte del vaticinio, e vicino al mondo dei morti. Tutti aspetti che si ritrovano nella cultura popolare napoletana.
Virgilio nato sotto il segno degli dei
Fin dalla nascita, scrive il grammatico Elio Donato (sec. IV), Virgilio fu in odore di divinità: sua madre, Magia Polla, proprio prima di partorire sogna di piantare nella terra un ramo di alloro che diventa immediatamente un albero adulto. Appena nato, Virgilio non piange, sorride, continua Donato, un segno divino che annuncia poteri soprannaturali. Il grammatico Foca (sec. V) aggiunge che uno sciame di api versano il miele in bocca al neonato Virgilio, proprio come fecero con Zeus. Le api sono anch’esse sacre: nella mitologia greca sono considerate vergini e collegate anch’esse all’oracolo e alla trance, poiché con miele e acqua si preparava il melikratos o idromele, la cui fermentazione produce una bevanda dal potere inebriante di tradizione antichissima, precedente all’uso del vino, usata in vari riti iniziatici.
La “divinità”di Virgilio si conferma nella sua vita di adulto.
Non conoscendogli nessuna compagna o compagno, Virgilio è chiamato Parthenias, la piccola vergine, scrive Donato. E nella tradizione orale campana è spesso questione di un uomo chiamato “Verginella”. Alla sua morte, Roma lo divinizza dedicandogli le Idi di ottobre – per commemorare la sua nascita il 15 ottobre-, grata al poeta di aver creato l’Eneide”, un’opera che non solo poteva rivaleggiare con Omero, ma che aveva anche affermato le origini divine di Roma.
Il suo interesse per le arti magiche e l’oracolo fa sì che gli si attribuiscano poteri divinatori. Così nelle corti europee prende piede una pratica divinatoria detta Sortes virgilianae – durata fino al secolo XVII, che consisteva ad aprire a caso un libro dell’Eneide per trarne un presagio. Per terminare questo brevissimo sunto, non si può non citare, per restare in tema di divinazione, la IV egloga delle Bucoliche, che fu interpretata dall’imperatore Costantino in persona, come un annuncio della nascita di Cristo.
“Giunge ormai l’ultima età della profezia cumana, / riprende dall’inizio il ciclo dei grandi secoli, / torna persino la Vergine, tornano i regni di Saturno, / una nuova razza ci viene inviata dall’alto dei cieli. / Tu sii benevola, casta Lucina, al fanciullo che ora nasce, / la cui venuta porrà finalmente fine alla razza del ferro / per fare sorgere in tutto il mondo quella dell’oro …”
E fu così che Napoli adottò il mito virgiliano
I miti non nascono mai dal nulla e i napoletani dovendo scegliere un protettore, un salvatore al quale affidare le sorti della città, non potevano che scegliere lui, Virgilio, il Parthenias che rimava con Parthenope. Così Virgilio custodiva l’uovo della sirena, incatenava i serpenti per vietare loro di entrare in Neapolis, costruiva una mosca d’oro che allontanava gli insetti malefici, scolpiva un cavallo di bronzo che guariva gli animali, scavava una grotta per consentire ai poveri di andare a curare i loro mali nei bagni di Pozzuoli…
(Publio Virgilio Marone nacque il 15 ottobre 70 a.C., presso Mantova e morì il 21 settembre del 19 a.C., presso Brindisi).
4 Commenti
Sei una donna eccezionale , aiuta con il tuo talento le donne del sud Italia e non solo. Abbiamo bisogno di donne come te . Persone che hanno una. creaturalita’ .
grazie troppo buono/buona. (Linds è Linda o uno pseudonimo?)
come ogni cosa che scrivi, anche questa storia è affascinante , misteriosa e inedita (almeno per me). Sei superfantastica
Grazie! Mi conosce?