Sono 8.000 gli ex-voto conservati nel santuario (i più antichi risalgono al 1499) e sono di una diversità inimmaginabile: modellini e corde di barche a vela, pezzi di vetture, baionette, pistole, pugnali, manette, elmetti di soldati nemici, proiettili, strumenti diversi. Tutti testimoniano il ringraziamento eterno per una grazia ricevuta.
I quadretti, poi, talvolta riprodotti su carta da un pittore improvvisato, rappresentano l’aspetto più inestimabile della raccolta, perché descrivono nei particolari la scena che, senza l’aiuto della Vergine, sarebbe stata fatale per il donatore: tempeste in mare o in aperta campagna, bombardamenti, operazioni chirurgiche, cadute, incidenti stradali, processi, parti… Sulla maggior parte di essi appaiono le date e le lettere V.F.G.A , ossia Votum feci Gratiam accepi.
A questi ex-voto insoliti si aggiungono innumerevoli “classici”: parti del corpo in argento, immagini della Vergine ornate di elementi preziosi, gioielli di valore (rubati in gran parte dalle truppe napoleoniche) ecc. Oltre alla ricchezza iconografica, questa collezione ha un gran valore documentario, poiché consente di conoscere usi e costumi delle varie classi sociali attraverso i secoli, oltre a testimoniare una fede profonda nella Madonna dell’Arco; fede rimasta intatta dalla nascita del culto, quando, all’inizio del XVI sec., l’immagine della Vergine, messa in una piccola cappella di campagna, sanguinò dopo essere stata colpita in pieno viso da un giocatore di maglio stizzito per aver perso la partita.
Il quadro venerato nella chiesa di Sant’Anastasia porta ancora il segno di quell’atto imperdonabile: una guancia tumefatta. La festa della Madonna dell’Arco, che si svolge il lunedì in Albis, è materia rilevante di studi sociologici: può riunire, in effetti, quasi 450.000 fedeli, di tutte le età. Una gran parte di essi, raggruppata in più di 350 associazioni, ripartite in 5 diocesi (Nola, Acerra, Pozzuoli, Aversa e Napoli) vi partecipa in uniforme (una tunica bianca stretta in vita da un nastro rosso e blu), compiendo un rituale preciso dalle origini ben più antiche del culto stesso.
Portano in processione, ognuno dalla propria città (a volte situata a decine di chilometri), un altare votivo molto pesante (chiamato tosello), camminano a piedi nudi senza sosta e pestano i piedi quando devono fermarsi (per questo motivo sono chiamati vattienti). Arrivati in prossimità della chiesa, i portatori del tosello percorrono gli ultimi metri correndo all’indietro (ragion per cui vengono chiamata “fujenti”.