Due medici napoletani riscoprono il luogo di sepoltura di Domenico Cotugno a Napoli insieme all’Associazione Getta la rete
Quando la memoria storica perde la sua continuità e le sue tracce, il rischio è la caduta nell’oblio di interi pezzi di storia. È quanto stava accadendo per un luminare del ‘700 napoletano, il medico e anatomista Domenico Cotugno, napoletano d’elezione.
Quando a Napoli si parla di Cotugno, tutti sanno di riferirsi a una delle strutture ospedaliere per la cura delle malattie infettive più efficienti della Città. Forse però solo gli addetti ai lavori e gli studiosi sanno che l’ospedale napoletano porta il nome di uno dei più illustri medici che la storia della medicina conosca.
Domenico Cotugno era nato a Ruvo di Puglia il 29 gennaio del 1736, in una famiglia di modesti agricoltori. Appassionato di scienze naturali e di medicina, si trasferì poco più che sedicenne a Napoli, allora capitale della medicina mondiale. Lì si formò all’ombra del prestigioso ospedale degli Incurabili, la cui imponente farmacia storica testimonia ancora oggi la magnificenza, segnatamente presso la Scuola di Medicina di altissimo livello che era il Collegio Medico Cerusico.
Studioso e viaggiatore instancabile, ebbe una brillante carriera accademica e medica. Al suo genio indiscusso dobbiamo lo studio di malattie e di riflessi fisiologici che oggi appaiono scontati. Inoltre è famosa tra i medici una sua dissertazione sulle malattie dell’occhio per l’esame di ammissione per la docenza. È sua anche la scoperta della funzionalità dei liquidi che si trovano nella parte interna dell’orecchio, pubblicata poi nella sua opera De aquaeductibus auris humanae internae anatomica dissertatio, con precisi e magnifici disegni di Domenico Cirillo e dello stesso Cotugno, per cui oggi possiamo parlare di malattia di Meniére. Lo studio dei nervi palatini lo ha poi condotto ad analizzare il riflesso dello sternuto, fino ad allora sconosciuto. Ed è a Domenico Cotugno che dobbiamo una delle prime leggi di prevenzione delle malattie infettive e la disposizione di anatomia microscopica delle cellule infettate dal virus del vaiolo.
Più che cinquantenne sposò la Duchessa di Bagnara, Ippolita Ruffo. Quando il 6 ottobre del 1822 il Cotugno morì, fu la moglie a volere per lui la solenne sepoltura nella zona ipogea di una delle Chiese all’epoca più nota tra i nobili napoletani, la Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli al Borgo dei Vergini.
Ma di quella sepoltura si era persa traccia per secoli.
È stata la passione per la storia della medicina a spingere due medici napoletani alla tenace ricerca del luogo di sepoltura di questo maestro indiscusso della medicina mondiale: Arturo Armone Caruso, direttore sanitario AIAS di Afragola e citologo nasale, nonché ispiratore della ricerca, e Antonio del Prete, docente di oftalmologia presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”.
Il dottor Armone Caruso aveva infatti letto gli scritti di Giuseppe Pezzi, medico militare e scopritore delle figura di Vincenzo Tiberio, che negli anni 1953 e 1954, avvalendosi della testimonianza del medico abruzzese Benedetto Vulpes, aveva ritrovato la lapide sepolcrale di Cotugno distrutta durante gli ultimi avvenimenti bellici.
Durante una Conviviale Rotarina del club “Castel dell’Ovo” del gennaio 2018, le Associazioni culturali attive nel Borgo dei Vergini di Napoli presentavano la propria opera di promozione e valorizzazione. Tra di esse, l’Associazione “Getta la rete” riportava le scoperte fatte nel Complesso Monumentale Vincenziano. Ciò bastò ai due medici per riprendere l’entusiasmo della ricerca e coinvolgere Annamaria Corallo e Giovanna Moresco dell’Associazione “Getta la rete”, in un’opera di ricognizione nella zona ipogea del Complesso dei Padri Vincenziani.
La lapide sepolcrale di Domenico Cotugno era proprio lì, nella Cappella della Duchessa di Sant’Elia. Con l’emozione che accompagna i grandi momenti, nei primi giorni del novembre 2018, durante dei lavori di sistemazione della zona sepolcrale, rinvenivano anche il cranio e le ossa verosimilmente del Cotugno.
Il giorno 30 novembre, per solennizzare questo ritrovamento, sarà affissa una targa commemorativa.
La riscoperta restituisce alla città di Napoli e al mondo intero i resti mortali di una delle menti più eccelse della medicina internazionale. E ci riconsegna un’altra pagina della storia del Complesso Monumentale Vincenziano.
1 Commento
La Vs è un’opera meritoria; riscopre gli aspetti minori ma fondanti della ns storia, del
le ns radici, ne allarga la conoscenza, ricostruisce identità latenti. Bravi davvero